Il guadagno su Internet non è facile. La difficoltà è dovuta soprattutto al fatto che in Italia come nel mondo internet è considerato un’opportunità low cost e di risparmio rispetto ai normali canali di vendita e di commercio. Anche le grandi aziende che hanno progetti strutturati e visibilissimi a livello mondiali non hanno certo conti in positivo. Sono necessarie in molti casi una o due Venture Capital per ripianare i debiti di multinazionali con progetti su internet funzionanti ma non in attivo. Oltre al sentiment del mercato, il problema riguarda anche la visibilità che viene pagata a caro prezzo sui motori di ricerca (in particolare su Google) sia per la necessità di gareggiare con un numero infinito e diverso di competitor che possono sbucare da un momento all’altro, sia per la tendenza all’ aumento, per un migliore posizionamento nelle Serp, del costo del singolo click con il sistema dell’asta e del prezzo minimo. Le difficoltà riguardano: la dinamicità del mercato che non rende chiaro chi siano e (quanto potenti) i competitor; la particolarietà del sistema pubblicitario che fa aumentare sempre i costi; il sentiment dell’utente di Internet che tende a scegliere il suo prodotto / servizio al prezzo più basso altrimenti spegne il computer e cerca il suo bene/servizio “nella vita reale”.
Un esempio lampante di come sia difficile creare progetti sani dal punto di vista economico nonostante il successo in termini di popolarità è You Tube. Realizzare You Tube dal punto di vista tecnico infatti è abbastanza difficile, non tanto per quanto riguarda la programmazione ma soprattutto dal punto di vista dell’infrastruttura e della banda. In Italia non abbiamo possibilità di realizzarlo proprio perchè non c’è una banda in grado di reggere un upload/download così grande dei filmati. Il costo che quindi paga You Tube nell’infrastuttura non è certo compensato da un ricavo di alcun tipo: il servizio è gratuito. Probabilmente le uniche entrate sono arrivate dopo l’accordo con Google, ma non certo sufficienti a supportare un colosso del genere che sta rivoluzionando i media e la televisione.
Un esempio celebre fu Napster in passato che da programma Peer to Peer illegale fu riconvertito in programma legale per scaricare mp3 a pagamento. Dopo questa ricoversione finì la popolarità di Napster. Altri esempi si potrebbero fare anche nel mondo delle prenotazioni on line, con milioni di euro investiti in pubblicità e partnership, costi e investimenti non ripianati da uguale fatturato ma da Venture Capital. E’ chiaro quindi che la popolarità di un progetto su internet non è ricompensata proporzionalmente da guadagni importanti.
Lo stesso Wall Street Journal si sta muovendo nella direzione di rendere l’edizione on line totalmente gratuita cercando di recuperare gli introiti attraverso gli investitori attratti da accessi e da uno share maggiore del giornale per così dire “aperto a tutti”. Questa strada è quella scelta da tutte le società e aziende medio – piccole: creare un prodotto gratuito per gli utenti che possa attrarre interesse e popolarità tanto da attrarre anche le aziende a fare pubblicità su quel “programma” di Internet. Soltanto i siti che però hanno la fortuna di avere un numero di accessi giornalieri a 5 – 6 cifre (10.000 – 100.000) possono essere in grado di poter stringere accordi singoli con aziende che investono in pubblicità su internet del medesimo settore del portale.
Gli altri, che sono il 99%, si rifugiano negli Adsense di Google e nei vari programmi di affiliazione dei più grandi network. Il risultato non è poi così esaltante soprattutto perchè non esiste una trasparenza tra il publisher e il fornitore di pubblicità e di conseguenza non c’è una vera affidabilità del sistema. Inoltre, soprattutto nel caso degli Adsense di Google, il guadagno del publisher tenderà a scendere se i click non aumenteranno nel tempo, e non saranno diversificati sui diversi inserzionisti. Nasce spontanea quindi una domanda: chi guadagna davvero su Internet ?
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