Lavoro, portali generici (quelli che, per intenderci, offrono un po’ di tutto: dalle informazioni finanziarie al meteo, all’oroscopo), enti locali. E ancora shopping, informatica e notizie. Sono i temi caldi del Web italiano: centri di interesse collegati a siti Internet che non solo contano centinaia di migliaia di appassionati, ma sono in grado di cerare vere e proprie comunità di navigatori grazie a una fittissima ragnatela di link (le frasi o parole ciccabili tipiche del Web). La classifica delle comunità Internet più diffuse in Italia e delle relative aree di interesse emerge da una ricerca dell’Istituto di Informatica e Telematica del Cnr di Pisa: Marco Pellegrini, matematico, e il suo gruppo di lavoro hanno passato al setaccio oltre 41 milioni di pagine associate a siti Internet a targa .it e un miliardo e 150 milioni di link (collegamenti) – in pratica tutte le pagine del Web italiano disponibili nel 2004 – stilando una graduatoria dei siti più “linkati” e dei relativi gruppi tematici. La medesima operazione è stata condotta sulle pagine Web del dominio inglese .uk (39 milioni di pagine e 950 milioni di link a fine 2005). Il metodo applicato – presentato alla più importante conferenza mondiale del settore: “The 16th International World Wide Web Conference”, Www 2007 – ha consentito per la prima volta di visualizzare in forma sintetica e gerarchica il contenuto di buona parte dell’offerta Internet italiana e inglese. Il confronto non è privo di sorprese. “Nel Web italiano – osserva Pellegrini – la classifica delle aree di interesse vede al primo posto i siti dedicati al mercato del lavoro, seguiti dai portali generici e, in terza posizione, dalle pagine Web di enti locali e associazioni di categoria.
Gli anglosassoni, di converso, premiano lo shopping, seguito da telefonia e turismo. Proprio il gap sull’offerta turistica – ampio e significativo: in Italia appena al 14° posto – fa pensare che da noi manchi ancora un’adeguata presenza di operatori, nonostante il turismo sia da sempre considerato uno dei settori trainanti dell’economia italiana”. “Più in generale – aggiunge Pellegrini – molti dei siti Internet .it più apprezzati si caratterizzano per l’offerta di servizi non specializzati (si pensi ai diffusissimi portali generici: 13 milioni di link in Italia, seconda posizione); un ruolo decisamente più marginale in Inghilterra dove contano ‘solamente’ 900mila link (settima posizione).
Questo e altri indizi rivelano il maggior grado di specializzazione del Web anglosassone, dove anche le tipologie commerciali più apprezzate sono molto specifiche (con particolare enfasi sulla telefonia mobile, l’antiquariato, la musica o i videogiochi). Di converso, nel Web italiano, l’aspetto pubblico e no-profit rappresenta un forte centro d’interesse: le categorie ‘enti locali’ (quasi 3 milioni di link, comprende anche le associazioni professionali e d’impresa legate al territorio), ‘associazionismo no profit’ (un milione) e ‘scuola’ (187mila link) si piazzano rispettivamente in terza, ottava e tredicesima posizione.
Nel dominio .uk gli enti locali rappresentano solamente l’undicesima comunità (340mila link); scuola e associazionismo non compaiono neppure in classifica”. Infine, le comunità di interesse per soli adulti: pur rappresentando una fetta consistente dell’offerta Internet, qui come all’estero, i siti a luci rosse non riescono a “fare comunità” (12° posizione nel dominio .uk, addirittura 40° in Italia). “La struttura delle comunità – conclude Pellegrini – che per definizione favorisce l’accessibilità, sembra in contrasto con l’esigenza di rendere tali siti raggiungibili in modo non ovvio o comunque facilmente dissimulabile”.
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